Editoriale #5Vuoto

VUOTO. L’idea di un vuoto contrapposto a un pieno è un limite. Lo spazio invisibile che si crea tra i corpi e gli elementi della natura, riempito da altrettanta materia invisibile, è vuoto, che è quindi sempre percepibile. Basta saper leggere i contrasti, quindi le sintesi, che ne sono alla base.

Il contrasto del vuoto diventa immediatamente dialettico rispetto al pieno nell’esperienza della creazione artistica: la forma si costituisce in virtù dell’assenza di essa e la loro relazione sta nella necessità di conciliare al tempo stesso essere e non essere. Ciò che sa fare un artista è dare e fare spazio. Un pieno che traccia un vuoto diviene esperienza artistica, rendendola totalizzante.

La natura plenaria e autodeterministica del vuoto si sostanzia a pieno titolo nelle scienze matematiche. Qui ad esempio il concetto di zero rappresenta la numerosità dell’insieme vuoto. La matematica, come la fisica, nonostante la sua natura empirica, poggia le basi su teorie che includono il concetto di vuoto in quanto manifestazioni di entità immateriali e ubique che si esprimono e completano entro confini decifrabili, e dimostrabili nel loro valore, solo in legame a esse.

Disorientamento, mancanza di valori, fuga dalla realtà: il senso di nullità, di assenza, di azzeramento, sono alcuni degli aspetti mentali più complessi perché indagano sul mistero dell’io. Lo si può eludere, lo si può rendere invisibile, ma esiste. Il vuoto. Il sentimento di perdita di sé, una volta percosso, permette all’individuo di diventare persona, di auto-realizzarsi e di raggiungere la consapevolezza della propria natura psicologica. Il dolore dell’accettazione dello status della mancanza genera nella psiche dell’uomo la piena consapevolezza dell’essenza.

Vuoto e corpo infine trovano nella composizione architettonica la perfetta complementarietà incontrandosi e scontrandosi. La conciliazione tra appropriazione e disappropriazione fa trionfare gli spazi materici laddove l’annientamento di un non spazio non ne procura un minus valoriale, ma una manifestazione epifanica che poggia su una così perfetta proporzione che la vastità del vuoto degli edifici si manifesta per mezzo della loro maestosa pienezza .

Il lemma VUOTO occupa la riflessione del numero 5 della rivista ARIA, dove di volta in volta ogni singola parola-chiave viene affrontata da diverse prospettive, tentando di portare alla luce aspetti che passerebbero inosservati se l’analisi si realizzasse nei limiti di un solo ambito disciplinare. In questo numero è parte di un orizzonte che spazia dall’arte alla matematica, dalla psicologia all’architettura. Il tutto entro un unico solido filo conduttore: l’esistenza del vuoto entro un piano prospettico pieno che dà vita alle forme.

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